Castro dalla conquista romana ai Farnese
Quando si affronta la descrizione di un tema specifico come la città di Castro, si tende a mettere in evidenza i periodi di massimo splendore (in questo caso le fasi etrusca e rinascimentale), trascurando i momenti di minore entità dal punto di vista politico-sociale, spesso per scarsità di dati.
Di fatto si analizzerà proprio la fase intermedia tra i due momenti più floridi della città, dalla conquista romana a quella dei Farnese.
In epoca etrusca il centro di Castro dipendeva dalla città di Vulci e quando questa fu espugnata nel 280 a.C. dai Romani, il territorio subì un forte spopolamento, documentato dalle poche tombe databili tra III e I sec. a.C.
Alla costruzione della Via Aurelia lungo la zona marittima ne consegue la deviazione di gran parte dei traffici, condannando ad una lenta decadenza il territorio di Castro in cui passava la Via Clodia, da secoli tracciato di vitale importanza per i collegamenti tra l’area marittima, Vulci e l’interno.
Il territorio di Castro finisce per essere praticamente abbandonato, finché intorno al 592-607 d.C. l’area entra a far parte dei possedimenti longobardi, organizzati in piccole unità insediative poste sotto il gastaldato di Tuscania. Di queste ultime restano tracce nella toponomastica locale e nei ritrovamenti perlopiù funebri, che hanno restituito materiali come speroni, fibbie e scramasax, la tipica spada a filo singolo dei popoli germanici.
Secondo diversi esperti, nell’VIII secolo a Castro si trasferirono i vescovi di Bisenzio, città posta sul Lago di Bolsena distrutta dai Longobardi, mentre altri associano l’origine della diocesi di Castro al trasferimento della sede vescovile dalla distrutta città di Vulci, da cui proveniva anche il vescovo San Bernando Janni, originario di Bagnoregio, il quale fece innalzare una chiesa dedicata a San Pancrazio e si dedicò all’amministrazione civile della città facendone un luogo protetto e sicuro.
La più antica attestazione scritta dell’abitato si trova nel Liber Pontificalis, risalente al 768-772 d.C., in cui si nomina “Lautfredus episcopus civitate Castro”, testimonianza di grande rilevanza in quanto certifica la rioccupazione del sito, l’esistenza di una comunità cristiana consistente e di una civitas.
Una carta di convenienza dell’813 d.C. cita “Mauringus sculdahis de Castro”, in cui il termine sculdahis lo definisce come pubblico ufficiale longobardo; la parola deriva infatti da sculdascie, per alcuni istituzioni eccezionali militari poste in punti strategici o lungo i confini, per altri invece centri minori posti attorno al gastaldato.
Se in epoca romana “castra” venivano chiamati gli accampamenti militari, nel Medioevo col nome “castro” si identificavano i luoghi fortificati e i castelli come quello castrense, posto a protezione dell’unico lato non protetto naturalmente dai ripidi costoni tufacei. La leggenda lo vede in origine dominato da Madonna Felicita, come testimonia il nominativo che per secoli ebbe il centro, Castrum Felicitatis.
Fino ad ora non sono emerse strutture relative a questo periodo, ma ciò potrebbe dipendere sia dall’obliterazione degli strati medievali causata dalla continuità di vita d’epoca rinascimentale, che dall’impiego di materiali da costruzione deperibili.
Nel X secolo la città era inclusa nei domini degli Aldobrandeschi, fino a quando nella seconda metà del Duecento entra a far parte del Patrimonio di San Pietro.
La città, da sempre interessata da fenomeni malarici, vive tuttavia un momento florido contando circa 1200 anime, per sfociare poi nel Trecento in guerre mosse da diverse famiglie, in primis i Farnese, che per acquisirne il controllo, porteranno alla riduzione della popolazione castrense a circa 300 unità.
La situazione in seguito migliorò e la popolazione ricominciò a crescere, fino a quando, sempre a causa della famiglia Farnese che ne bramava la conquista, si verificò il primo grande e luttuoso evento della storia di Castro nel 1527, da cui poi originerà il Ducato di Castro.
Il Sindaco
Dottor Salvatore Serra