Castro prima di Castro
Il titolo sta ad anticipare l’argomento di questo articolo, che verte non sulla città di Castro, capitale dell’omonimo ducato dei Farnese d’epoca rinascimentale, bensì sulle frequentazioni antropiche del sito relative ad epoche ben più antiche.
Il vasto pianoro tufaceo sul quale poi nacque la città ducale risulta strategicamente e naturalmente protetto dalle ripide pareti rocciose che danno sui fossi Olpeta e delle Monache, che contribuirono non poco a segnare profondamente la visita del Dennis, il quale riportò angosciato che “in nessun luogo il bosco è più buio e denso, in nessun luogo i dirupi sono più neri e minacciosi … in nessuna località il passato oscura lo spirito con più profondo terrore”.
L’aspetto morfologico non è passato inosservato agli etruschi che qui si sono stabiliti, costituendo un oppidum a controllo delle vie di comunicazione che da Vulci, dal quale il centro di Castro dipendeva, portavano nell’interno. Erroneamente identificato con l’antica Statonia, che invece dovrebbe localizzarsi nei pressi di Bomarzo, del centro vero e proprio non rimane traccia, essendo stato probabilmente ricoperto dagli strati di vita medievali e rinascimentali della città.
Come spesso accade nei contesti etruschi, a fornirci informazioni non è l’abitato, bensì le necropoli che lo circondano, capaci di testimoniare secoli di vita attraverso la morte.
L’area delle necropoli fu indagata in prima analisi da Ferrante Rittatore Vonwiller, e successivamente dal 1964 al 1967 dai Belgi (Centro di Ricerca dell’Università belga con la collaborazione della Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale), infine da ricerche sistematiche della SAEM.
Il rinvenimento di alcune sepolture ad incinerazione nei dintorni di Castro sembra permettere di riconoscere una prima frequentazione dell’area nella prima età del ferro, a cui seguono molto più frequenti tombe a fossa d’età orientalizzante, che denotano un maggior utilizzo della zona. Quest’ultime possono essere suddivise in due categorie: sepolture in semplici fosse terragne e sepolture a fossa profonda, tipologia di chiara derivazione vulcente. Localmente detta “a cassone”, la sepoltura a fossa profonda è caratterizzata da pianta rettangolare e pareti rastremate verso l’alto, a Castro utilizzate dagli inizi del VII agli inizi del VI secolo a.C. per essere poi affiancate intorno alla fine del VII sec. a.C. dalle tombe a camera con vestibolo a cielo aperto, anch’essa di peculiare tipologia vulcente.
Da questo periodo, le testimonianze aumentano ed i corredi e le strutture funerarie stesse denotano un maggior impegno da parte delle elites locali nel distinguersi dal resto della popolazione, attraverso la creazione di bellissime tombe ricolme di pregiati materiali ceramici e metallici, perlopiù conservati presso il Museo Civico Archeologico Pietro e Turiddo Lotti.
Purtroppo le necropoli di Castro non fanno eccezione riguardo le predazioni dei “tombaroli”, che da tempi immemori hanno violato i sepolcreti etruschi, distruggendo per sempre i contesti originari, unici elementi in grado di permetterci la comprensione dei popoli antichi.
Tra le tombe più note c’è sicuramente quella dei Bronzi, databile agli inizi del VI secolo a.C, in cui oltre al ricco corredo rinvenuto all’interno della tomba, peraltro già depredata, furono portate alla luce numerose sculture animalistiche in nenfro poste al di fuori della struttura.
Sculture simili furono ritrovate anche nei pressi della cosiddetta Tomba a Casa o a Tetto displuviato, di poco più recente e che testimonia un gusto ricercato al di fuori del territorio vulcente, trovando confronti diretti a Tuscania e Blera. Databile alla fine del VI sec. a. C. è la tomba della Biga, così denominata dal rinvenimento di uno stupendo carro in bronzo, tuttora conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Viterbo, nella Rocca Albornoz.
Alla floridezza riscontrata durante il VI secolo, segue un periodo di decadenza, conseguente al declino della stessa Vulci nel V secolo, per poi risollevarsi in epoca ellenistica, come testimoniano il rinvenimento di alcune tombe e la testa di Charun, protome in nenfro rinvenuta nell’area dell’insediamento urbano.
La vittoria di Roma su Vulci, comporterà anche la fine dell’insediamento castrense come centro, tuttavia poche tombe databili tra III e I secolo a. C. documentano un utilizzo dell’area anche in seguito alla romanizzazione, seppur in maniera notevolmente ridotta.
Altra evidenza d’epoca etrusca sembra essere la Tagliata di Castro, lunga 80 m e profonda 20, che al di là del fosso Olpeta, costituiva uno dei punti d’accesso a Castro, e di cui fu pertanto mantenuta la destinazione d’uso anche nelle epoche successive, probabilmente entrando a far parte della Via Clodia in epoca romana. Nella parete posta a NE, in alto è riconoscibile una grande scritta in caratteri etruschi, ulteriore testimonianza dell’antica origine del setto viario.
Il Sindaco
Dottor Salvatore Serra